Riferimenti bibliografici per approfondire l'argomento
Parliamo di questo concerto
Protagoniste incontrastate ed assolute di questo concerto sono le fisarmoniche, strumenti tanto noti quanto incompresi,
e che forse più di ogni altro hanno risentito di una collocazione stereotipa che ne ha relegato la ricchezza timbrica e le potenzialità
in un ambito molto ristretto.
La fisarmonica, così come la conosciamo e come la vedremo nel concerto del 4 maggio, è di concezione relativamente recente:
ha infatti una data di nascita ed una paternità certa, essendo stata inventata da Cyrill Demian (o Damian) a Vienna,
nel 1829. Tuttavia, antenati di questo strumento, con principi di funzionamento simili o analoghi, si possono ritrovare in numerose
civiltà, non solo europee, ed a partire da epoche ben più antiche di quanto il brevetto di Demian possa far supporre. Sono anche note
numerose varianti locali, che talora si configurano come strumenti di una tipologia a sé stante, benché riconducibile alla “famiglia”
delle fisarmoniche: pensiamo al bayan russo, al bandoneon reso celebre da Astor Piazzolla, lo Schrammel
della musica viennese e klezmer, l’organo svizzero (Schwyzerörgeli), il trikitxa basco, e soprattutto
allo sheng ed al khaen, che si possono considerare i diretti antenati della fisarmonica nonché l’anello di congiunzione
fra fisarmoniche ed harmonium.
È stato giustamente osservato che pochi strumenti musicali sono caratterizzati da una connotazione culturale tanto forte
quanto quella che distingue l’organo, l’harmonium e la fisarmonica: ad una somiglianza timbrica piuttosto spiccata corrisponde
viceversa una separazione nettissima degli usi, con l’organo e l’harmonium che evocano immediatamente un’atmosfera religiosa (più solenne
il primo, più “domestica” il secondo, che vanta anche delle inaspettate irruzioni nel mondo della musica “leggera”),
mentre la fisarmonica sembra non potersi liberare da una marcata impronta popolaresca.
Vero è che la massima diffusione della fisarmonica è realmente legata ad ambiti estranei alla tradizione “eurocolta”:
musica popolare, musica da ballo e tradizionale, con incursioni nel mondo del pop e addirittura dello heavy metal (con gruppi svizzeri
e finlandesi a fare da apripista). Tuttavia, tra i compositori appartenenti alla tradizione classica che abbiano
composto brani originali per fisarmonica possiamo trovare nomi del calibro di Čajkovskij, Umberto Giordano,
Charles Ives (che scrissero per fisarmonica diatonica), o Hindemith, Dutilleux, e persino Alban Berg
(in Wozzeck). Il bayan è stato sovente utilizzato dalla compositrice Sofja Gubajdulina, spesso in brani dalla marcata
connotazione religiosa, mentre – come accennato precedentemente – Astor Piazzolla ha portato a notorietà globale
il bandoneon argentino.
Il nostro Paese vanta una grande tradizione sia a livello di costruzione delle fisarmoniche (molti dei marchi più apprezzati sono opera di artigiani e manifatture italiane) sia a livello di interpreti, tanto nel mondo della musica non classica quanto in quello del professionismo accademico.
Il programma che si ascolterà nel concerto all’Eliseo rappresenta perciò una splendida opportunità per poterci
familiarizzare con le notevoli possibilità timbriche ed espressive di questo strumento, da solo o in combinazione
con la compagine orchestrale, in un viaggio attraverso la letteratura “classica” che sembra sfidare, ironicamente,
i clichés del concertismo blasonato proprio sul loro stesso terreno, nell’incontro fra uno strumento che le sale da concerto
spesso emarginano e un repertorio che sembra riassumere in sé la quintessenza della classica più nota.
La fisarmonica si presta infatti ad interpretare brani quanto mai variegati: la sua particolare tecnica esecutiva
permette al musicista che la adopera un notevole virtuosismo ed agilità, mentre la grande potenza di suono
che può raggiungere le conferiscono un’imponenza ed una versatilità timbrica che possono ben rivaleggiare
con quelle dell’orchestra.
Il programma, in omaggio alla tradizione italiana della fisarmonica, si apre con due dei compositori più amati
del nostro Paese: Gioachino Rossini, la cui peculiare scrittura nota con il nome di “crescendo rossiniano” sembra fatta apposta
per valorizzare la dinamica della fisarmonica, ed Antonio Vivaldi, le cui composizioni spesso contrappongono uno o più solisti
all’intera massa sonora, anche qui con un procedimento di cui la fisarmonica può appropriarsi molto adeguatamente.
L’ouverture dall’Italiana in Algeri, con la sua frizzante vivacità e i suoi marcati contrasti timbrici e dinamici,
inaugura brillantemente il programma; il Concerto vivaldiano, tratto dall’Estro armonico e originariamente scritto per due violini,
è caratterizzato da una solennità piuttosto insolita per le composizioni del musicista veneziano, ma vieppiù adatta alla trascrizione
per fisarmonica.
Tutt’altra atmosfera troviamo nel Preludio bachiano (BWV 543), che in origine precedeva una grandiosa e complessa fuga
per organo; qui la fisarmonica mostra la propria parentela e vicinanza al suono dell’organo, che i tedeschi definiscono “regina degli
strumenti”.
Ancora un netto cambiamento di atmosfera ci conduce nel folklore ungherese, a cui Liszt rende omaggio – a modo suo –
nella celeberrima Rapsodia ungherese n. 2, resa notissima anche al grande pubblico dalle numerose e divertentissime versioni
a cartoni animati che l’hanno vista protagonista (una con Bugs Bunny, l’altra con Tom e Jerry, per tacere della breve comparsa nel film
Chi ha incastrato Roger Rabbit?). Qui, una serie di danze di carattere contrastante, che vanno dallo stile improvvisato al vorticare
turbinoso dei brani più veloci, costituisce un vero catalogo delle possibilità espressive dello strumento e del suo virtuosismo:
è interessante osservare il doppio percorso, di andata e ritorno potremmo dire, che ha condotto i temi popolari ungheresi dalla loro
origine (la musica e gli strumenti tradizionali) alla sala da concerto ed al pianoforte, per poi riportarli in un ambiente più vicino
a quello da cui sono nati nell’interpretazione su fisarmonica.
Conclude la prima parte la serenata “Piccola musica notturna”, Eine kleine Nachtmusik, uno dei brani più celebri composti
da Wolfgang Amadeus Mozart. Le serenate, come i Divertimenti e le Cassazioni, costituivano all’epoca di Mozart una tipologia musicale
“di consumo”, con una funzione sociale diversa da quella di Sinfonie o Quartetti; senza tradire lo stile disimpegnato del genere, Mozart crea un capolavoro in cui la freschezza di un’ispirazione “non accademica” è bilanciata dalla sapienza compositiva.
Nella seconda parte del concerto, le fisarmoniche si presenteranno invece in dialogo (e talora in opposizione,
secondo la doppia etimologia del termine concerto: concentus e certamen…) con l’orchestra. Il primo brano in programma
è un altro grande classico universalmente noto, il valzer An der schönen blauen Donau di Johann Strauss. Come è noto, gli Strauss
erano una dinastia di musicisti viennesi, che hanno composto un profluvio di brani appartenenti a loro volta alla tipologia “leggera”
della musica della loro epoca, ma il cui livello artistico, di sapienza compositiva e di fantasia, rivaleggia senza timori con quello
di capolavori dello stile accademico. Il Danubio, secondo la tradizione, appare blu solo agli occhi degli innamorati: e questo valzer,
tanto famoso quanto bello, è giustamente assurto a simbolo dell’amore romantico e di un’atmosfera galante e rétro.
Anche Johannes Brahms, benché appartenga di diritto alla schiera dei massimi compositori della musica colta, si espresse
volentieri in composizioni più leggere, benché anch’esse siano caratterizzate da un’abilità ed una maestria indubitabili,
nonché da un’amabilità indiscutibile. Di queste fanno parte i Valzer e le Danze ungheresi per pianoforte: e la n. 5,
presentata in questo concerto, è sicuramente la più celebre di questi celeberrimi piccoli capolavori. Alla sua notorietà ha indubbiamente
contribuito anche l’indimenticabile “coreografia” che ne ha proposto Charlie Chaplin nel film Il grande dittatore, in cui si esibisce
in una memorabile rasatura a suon di musica.
Ancora una volta sono gli schermi (cinematografici e televisivi) ad aver assicurato la celebrità a dei brani della classica: nel caso dell’Aria dalla Terza Suite per orchestra di Bach, il grande pubblico la associa inevitabilmente al programma di divulgazione scientifica Quark, nella cui sigla è presente una bella trascrizione di questo brano per ensemble vocale. Si tratta comunque di un pezzo di incantevole bellezza, in cui la purezza della linea melodica principale è affiancata da un tessuto contrappuntistico ed armonico di sovrana eleganza.
Altrettanto famoso è l’Adagio, erroneamente attribuito al compositore veneziano Tomaso Albinoni, ma in realtà
interamente composto da Remo Giazotto, il musicologo che sostenne di averne ricostruito la partitura originale. Anche in questo caso,
il brano è stato utilizzato in innumerevoli film e brani pop: sul grande schermo, non possiamo non ricordare il meraviglioso Ordet,
di Dreyer, ed un film meno noto di Orson Welles (Il processo, 1962). Questo brano solenne e cupo ci permetterà di ascoltare
le fisarmoniche in una veste diversa, nella quale avrà libero sfogo la loro vena drammatica ed oscura.
A conclusione del programma, troviamo un altro capolavoro mozartiano (a sua volta reso celebre da un film, Elvira Madigan):
un secondo movimento dal Concerto in do maggiore KV467 per pianoforte ed orchestra, in cui l’ispirazione operistica
che pervade quasi interamente le composizioni mozartiane per questo organico si rivela in modo tenero, struggente ed incantevole.
Possiamo perciò sicuramente dire che, nel breve tempo di un concerto, sarebbe difficile pensare
ad un itinerario più ricco e variegato tra i capolavori della musica classica e tra le possibilità tecniche ed espressive
della fisarmonica.
Pubblicazioni
Armido Malvolti
Romanzo di una fisarmonica
Aliberti Editore - 2008
Il libro ha due protagonisti: Paolo Gandolfi, massimo virtuoso mondiale di questo strumento popolare, raffinato e struggente che è la fisarmonica, e la fisarmonica stessa, fedele compagna del lungo viaggio del Maestro Gandolfi attraverso la seconda metà del secolo scorso e un paio di continenti. È un vero e proprio percorso di formazione umana attraverso la musica, quello di Gandolfi, che inizia nel lontano 1934 in terra reggiana, ai piedi degli Appennini e che, quasi si trattasse di una gigantesca pianta secolare, si dirama verso Essen, Parigi, Londra, New York, Montreal, Rio De Janeiro, Madrid, Bruxelles, Colonia, Caracas e decine di altre città. Per poi tornare sempre qui, nella sua terra, perché è qui che affondano le sue radici ed è qui che deve compiere la missione affidatagli dal destino: trasferire ai giovani, sotto forma di insegnamento, la sua vasta cultura musicale.
Massimo Signorini
Fisarmonica e interpretazione.
Un'introduzione e cinquanta interviste
Felici Editore, 2011
Un libro dedicato alla fisarmonica come un atto d'amore e un percorso di studio e di analisi molto approfonditi. Dalla storia dello strumento alla simbologia, dai generi musicali dove meglio si è espresso fino alle interviste a grandi musicisti: Allevi, Piovani e anche Zubin Mehta esprimono concetti interessanti e innovativi sulle problematiche legate all'interpretazione e all'utilizzo della fisarmonica.
Fabio Banchio
I grandi maestri piemontesi della fisarmonica
Edizioni Multilingue, 2013
Dischi
Richard Galliano
Vivaldi
Quattro stagioni
(per fisarmonica e quint. d'archi)/3 Arie
Deutsche Grammophon - 2013
Richard Galliano, uno dei massimi fisarmonicisti viventi, affronta Le quattro stagioni di Vivaldi, uno dei più popolari capolavori del repertorio classico, realizzando una nuova e geniale trascrizione per fisarmonica e quintetto d'archi. Completano il CD tre arie tratte da opere: Io son quel gelsomino (Arsilda Regina di Ponto); Vedrò con mio diletto (Il Giustino); Tornar voglio al primo ardore (Arsilda Regina di Ponto).
Richard Galliano
Bach
Deutsche Grammophon, 2010
Bach interpretato alla fisarmonica dal grande italo francese Galliano: a 59 anni la sua nuova sfida è Bach. Strano, per un musicista che viene percepito essenzialmente come un jazzista. «A dire il vero la mia storia inizia con Bach» racconta Galliano, «poi ho fatto soprattutto jazz, ma alla fine mi è venuta voglia di questo progetto perché in fin dei conti la fisarmonica è come un organo portatile. La cosa straordinaria è che questa musica sembra scritta per la fisarmonica anche se al tempo di Bach neanche esisteva».
Dipinti