Un'introduzione alla storia della danza, e del valzer in particolare, completata da una piccola raccolta di libri per approfondire l'argomento.
Accenni di storia della danza
La storia della danza in generale si occupa dello sviluppo, nei secoli e nelle varie parti del mondo, di questa particolare forma di espressione artistica che si serve del movimento del corpo sulla base di un ritmo interno, che può essere (o meno) suggerito o ispirato da fonti musicali. La disciplina storiografica riguardante la danza tuttavia è di origini relativamente recenti. Infatti solo nel XX secolo sono iniziati gli studi più specificamente dedicati a questa arte, grazie alla diversa considerazione che essa è andata acquistando rispetto al passato: non più "sorella minore" della musica, ma espressione umana autonoma e con una propria dignità di arte.
Di conseguenza sono comparse le prime pubblicazioni a carattere storiografico, sia per quanto riguarda il campo di ricerca in ambito antropologico, sia per quello intorno agli usi e costumi sociali nei secoli e nelle varie parti del mondo, sia per quello che concerne la danza come arte dello spettacolo.
La danza è la prima espressione artistica del genere umano perché ha come mezzo di espressione il corpo.
Tutte le altre arti infatti prevedono l'uso di oggetti che fungono da strumenti, ad eccezione del canto che, proprio come la danza,
si avvale di uno strumento corporeo. Nel corso dei secoli è sempre stata lo specchio della società, del pensiero e dei comportamenti umani.
Inoltre la danza è l'unica arte che si avvale insieme del tempo e dello spazio.
Durante l'Ottocento, inizia a diffondersi il Balletto Romantico,
basato su una nuova sensibilità, una nuova visione del mondo più libera ed appassionata: è, infatti del 1832 la messa in scena all'Opéra
di Parigi di La Sylphide di Adolphe Nourrit, il primo esempio di balletto romantico, chiamato anche ballet blanc
per le sue connotazioni estetiche. È in questa occasione che viene introdotta dal coreografo Filippo Taglioni l'uso della danza sulle punte
e del tutù come consuetudine.
Dopo la seconda metà dell'Ottocento, l'Opéra di Parigi entra lentamente in crisi: costretta a reclutare le sue étoile all'estero, priva di validi maestri di balletto e coreografi, non esercita più la sua supremazia, per cedere il passo alle altre scuole che sulle sue orme cominciano a fiorire negli altri paesi europei, come quella del Teatro alla Scala di Milano. Il vigoroso impulso all'arte della danza promosso in Russia dagli zar nel settecento, è sostenuto e incoraggiato anche nel corso dell'ottocento, facendo di San Pietroburgo un punto di passaggio obbligato per tutti i coreografi e i solisti più rinomati d'Europa. Il compito di condurre a una sintesi il patrimonio di esperienze accumulatesi nell'arco di un secolo spetta a Marius Petipa, un coreografo francese che, ingaggiato nel 1847 come primo ballerino, acquistò ben presto un ruolo preminente nei teatri imperiali russi.
Petipa riprende i capolavori del balletto romantico come La Sylphide, Giselle, Coppelia, Le Corsaire, La Esmeralda.
Egli mira soprattutto a realizzare una grande visione spettacolare che susciti l'ammirazione del pubblico, non curandosi se per ottenere questo risultato è costretto a sacrificare il rigore della composizione drammatica.
Sono suoi i capolavori Don Quichotte, La Bayadère, La bella addormentata, Lo Schiaccianoci
e Il lago dei Cigni (coreografato in collaborazione con Lev Ivanov), tuttora rappresentati nei migliori teatri del mondo
e sempre ancora con le sue coreografie.
La Storia del Valzer: rivendicazione delle sue origini
Se il valzer non fosse stato un ballo così famoso ed importante quale invece è diventato, forse non si sarebbe verificato tanto accanimento a rivendicarne la matrice nazionale da parte di studiosi sia francesi che tedeschi.
Iniziamo col dire che sulle origini del valzer sono state scritte montagne di libri e sono state tentate non poche manipolazioni di dati e di documenti. Dato il prestigio del ballo in questione, molti storici europei hanno anteposto l'interesse nazionalistico a quello della ricerca della pura verità, già di per sé complicata per via della incertezza e della pluralità dei riferimenti. Anzi, proprio il contesto obiettivamente poco chiaro ha favorito la proliferazione di 'studi' tendenziosi e vari tentativi di depistaggio letterario. Il problema centrale è stabilire da quali balli il valzer derivi.
La "volta" è il più significativo fra i balli di ritmo ternario che sicuramente risalgono ad epoche precedenti rispetto alla nascita del valzer e che del valzer anticipano le caratteristiche fondamentali.
Volter in francese vuol dire girare. La volta è una danza antica: consisteva in una serie di giri a destra e a sinistra. Ai giri si alternavano i salti dei cavalieri e delle dame con una tecnica particolare articolata in due fasi: i cavalieri, prima eseguivano dei salti molto accentuati e dopo sollevavano la dama per consentire alla stessa una specie di volo. Con la "volta" si inaugura, nel XVI secolo, la serie delle danze a coppia chiusa che rotea facendo perno su se stessa come poi farà il valzer. La coppia tende ad isolarsi e a intrattenersi in forme di contatto fisico (su cui i moralisti del tempo avevamo molto da ridire) fino al sollevamento della dama da parte del cavaliere. Non sorprende che i trattati di demonologia presentino la "volta" come la danza delle streghe!
Gli studiosi francesi che sostengono la derivazione del valzer dalla "volta" fanno sostanzialmente il seguente ragionamento: fino all'anno 1100, tutte le danze di coppia erano eseguite dai ballerini in posizione affiancata. La "volta" introduce la posizione di coppia chiusa: cavaliere e dama, uno di fronte all'altra. Poichè coppia chiusa e giravolte sono gli elementi fondamentali del valzer, è normale mettere in relazione tale ballo con la "volta".
Gli studiosi tedeschi affermano invece che il valzer possa derivare: dalla Deutscher tanz (Allemanda ternaria popolaresca) sviluppatasi nella Germania meridionale, dal Dreher (Baviera), dal Landler (Austria).
È stata, comunque, sempre abbastanza diffusa la tentazione di associare il valzer alla "volta", date le somiglianze fra i due balli. Proprio per questo motivo la polemica e il contenzioso si sono spostati, nel passato, sulle origini della "volta" stessa, e precisamente se tali origini siano italiane, provenzali, tedesche o austriache. Dopo decenni di contrapposizioni, la tendenza attuale è quella di considerare la "volta" un ballo provenzale. Oggi questa tesi è accolta quasi unanimamente.
In tedesco walzen vuol dire rigirarsi (in inglese il termine corrispondente è waltz); e quindi si può presumere che il termine valzer stesse ad indicare una serie di giravolte eseguite in perfetta armonia con le basi musicali. Molti studiosi sostengono che per centinaia di anni, in tanti balli popolari le coppie hanno eseguito movimenti di costante rotazione, mantenendo una posizione ravvicinata. In realtà, in ogni danza con battute di tre battiti, i giri vengono fuori quasi naturalmente, al di là delle codificazioni. Fra le popolazioni dell'Europa centro-meridionale i balli con ritmo ternario sono esistiti fin dall'inizio del secondo millennio.
Nel 1767 J.M. de Chavanne, parlando a nome dei maestri di danza, condannava il valzer in quanto non rientrante nella tipologia della buona danza. Nel 1785 il valzer fu vietato in Boemia (con specifico provvedimento della corona) per motivi morali ed igienici.
L'etnomusicologo e organologo tedesco Kurt Sachs riporta la descrizione di una scena di valzer: la coppia balla "così strettamente allacciata volteggiando in un atteggiamento sconvenientissimo". A proposito dei danzatori che tengono sollevati i lembi dei vestiti delle dame, nota che "la mano (del maschio) che tiene il vestito poggia ben ferma sul petto della donna premendo con lascivia ad ogni piccolo movimento". Il giudizio sulle donne non è da meno: "Le ragazze poi avevano uno sguardo folle o sembravano prossime al deliquio".
Proprio questi divieti ufficiali stanno a dimostrare il successo che il ballo aveva conseguito nelle varie regioni europee: esso era entrato a far parte delle abitudini del popolo. Alla gente piaceva sempre di più.
Il boom del valzer si ebbe con la Rivoluzione francese che scoppiò alla fine del XVIII e che affermò i principi della libertà e dell'eguaglianza: il ballo, che era stato vietato per tanto tempo, rappresentò una delle prime manifestazioni della nuova filosofia di vita. Non a caso, le rivolte contadine trasformarono in sale da ballo molte chiese e molti monasteri. In tutte le feste, spontanee o organizzate, il ballo principale era il valzer. Questo ballo fu amato anche dalla borghesia e dall'esercito. Si scrive che "le truppe napoleoniche lo fecero conoscere a tutta l'Europa, travolgendo le resistenze dei moralisti". Essi ricordano inoltre che il valzer sopravvisse anche al crollo dell'impero di Napoleone. "La restaurazione dei vecchi regimi non significò il ritorno delle danze nobili". Re e regine ne furono innamorati.
Sul piano strutturale la musica del valzer ebbe una svolta importante grazie al compositore e direttore austriaco Johann Nepomuk Hummel il quale costruì una forma più complessa di componimento formato da tre elementi fissi: introduzione, valzer vero e proprio, e coda. Il valzer di Hummel era meglio articolato, con i periodi (di 48 battiti) ben collegati fra di loro. Forse senza volerlo, Hummel diede inizio alla fase della maturità del valzer che diventò espressione artistica di alto livello. A partire dalle sue opere si attivarono in parallelo due percorsi musicali separati: il valzer ballabile ed il valzer come pura composizione.
Nell'ambito del ballabile coesistevano il 'lento' e l''allegro'. La composizione dell'orchestra era predeterminata dalla scelta del genere musicale. Per i brani ballabili era sufficiente un'orchestra 'leggera', quella che oggi chiamiamo orchestrina. Il filone del valzer ballabile si sviluppò in modo particolare a Vienna dove ebbe interpreti illustri come i Lanner e gli Strauss. Furono scritte opere di grande respiro e quando lo stesso Strauss-padre con la propria orchestra andò a suonare a Parigi e a Londra, fu tale l'entusiasmo suscitato dalla sua musica che automaticamente scoppiò anche in queste città la febbre per il nuovo ballo.
Il periodo di massimo splendore del valzer come ballo si ebbe tuttavia con Strauss-figlio. Questi, da grande e raffinato artista qual'era, si propose di adattare la musica del valzer ai valori mondani del suo tempo. Fin dal 1800 Vienna tributò grande successo a questo genere musicale che in realtà rappresentava la fedele interpretazione della sua mondanità. Le varie trasformazioni ed elaborazioni tecniche che hanno fatto del valzer il ballo che oggi conosciamo sono nate nella capitale asburgica.
Con l'avvento dell'Operetta, il valzer del filone 'ballabile' conobbe un ulteriore impiego, incanalandosi nei circuiti del divertimento e puntando soprattutto su valori melodici più che artistici. Contemporaneamente, l'altro filone spiccava il volo verso valori ideali fino a sfociare nella lirica pura, attraverso la musica dotta di Berlioz (Damnation de Faust), Liszt (Mephisto), Gounod (Faust), Cajkovskij (La Bella Addormentata nel bosco).
Da quanto detto si capisce perché il valzer si chiama viennese.
Si deve comunque riconoscere alla Francia il merito di aver dato un contributo fondamentale all'affermazione di tale ballo e di averlo amato fino in fondo.
È sintomatica la vicenda relativa al capolavoro di Johann Strauss An der schonen blauen Donau (Il bel Danubio blu), il più affascinante e il più famoso dei circa 200 valzer da lui scritti. Quando nel 1867 uscì tale opera, nel mondo viennese del ballo l'accoglienza fu tiepida, in quanto si trattava di un valzer da concerto, difficile da ballare come tutte le solenni melodie caratterizzate da pause numerose e lunghe introduzioni. Nello stesso anno, alla Esposizione Universale di Parigi, questo pezzo riscosse un successo inimmaginabile: fu presentato, accolto e promosso come il valzer più bello di tutti i tempi. Da quel momento diventò il simbolo stesso del valzer.
Attraverso i decenni, il valzer viennese ha mantenuto le sue caratteristiche fondamentali ed è riuscito a sopravvivere non solo a due guerre mondiali, ma alle grandi rivoluzioni che nel corso del XX secolo si sono verificate nel mondo delle danze. Il maestro Alex Moore, pioniere del ballo moderno, lo definiva ai suoi tempi "uno dei balli più attraenti", presente in tutte le gare anche quando queste non erano regolamentate in maniera uniforme. La "musica ispirata" rendeva questo ballo "gradevole da ammirare".
Nel corso degli anni, a fronte del successo sempre crescente del valzer, diversi furono, nei vari paesi, i tentativi di contaminazione
o di imitazione di tale ballo:
- Valzer scozzese (Gran Bretagna): un misto di valzer a due passi e giri tipici del viennese.
- Boston (Stati Uniti):valzer moderato, caratterizzato da giri e da passi avanti e dietro.
- Valzer musette (Francia): valzer a contenuto sociale tanto che con accompagnamento di fisarmonica, si cantavano la tragedie umane delle metropoli di inizio secolo (1900).
- Valzer a due tempi. (Russia): consta di due passi. Il primo è strisciato e si esegue sui primi due battiti (lento); l'altro è scacciato e si balla sul terzo battito.
- Valzer saltato: si esegue saltando alternativamente su ciascuno dei piedi. Il cavaliere parte col sinistro.
- Valzer Louis XV: si tratta di un mix tra valzer e minuetto.
Oggi il valzer viennese è una delle cinque danze definite standard ed in Italia è presente anche nel cosiddetto liscio unificato come danza tradizionale del nostro paese, assieme a polka e mazurka.
(www.emmedance.altervista.org)
Bibliografia
Rémi Hess
Il valzer
Rivoluzione della coppia in Europa
Edizioni Einaudi - 1993
Hess traccia l'avventura di questa danza della "coppia fissa". Nato prima del Rinascimento, il valzer si impone grazie alla Rivoluzione
francese, viene diffuso dalle forze armate napoleoniche e diventa istituzione a Vienna con Strauss.
La Chiesa l'ha considerato per secoli una danza demoniaca perché, nel vortice del ballo, è la prima affermazione della coppia di fronte
al gruppo sociale. Il volume è corredato da un'appendice di notizie biografiche su autori, compositori e ballerini citati,
e da una nota sull'origine delle parole valse e waltzers.
Guglielmo Pinna e Marina Dalla Valle
Dalla Furlana al Valzer
Musiche e balli di tradizione del Polesine
Prefazione di Chiara Crepaldi
Presentazione di Roberto Tombesi
Edizioni Minelliana - Collana: Etnografica - 1989
Le musiche da ballo nel contesto dell'Italia del nord-est di fine Ottocento e primo Novecento
Il volume contiene 142 spartiti musicali inediti di quattro complessi orchestrali polesani attivi tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX. I balli allora più in voga erano i menacò, il galopo, la quadriglia, la furlana, il valsivien, lo scotis, la manfrina e poi la polca, la mazurca e il valzer. I documenti, dissepolti da vecchie soffitte e le memorie paesane pongono in primo piano i personaggi che hanno animato il ballo delle generazioni passate e "fatto" la musica che allora arrivava nelle case, nei ritrovi, nelle piazze, a creare la festa.
Fabio Mollica
Il libro delle danze
Quadriglie valzer polke e mazurke
Repertorio della società di danza
Le musiche da ballo nel contesto dell'Italia del nord-est di fine Ottocento e primo Novecento
Il volume contiene 142 spartiti musicali inediti di quattro complessi orchestrali polesani attivi tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX. I balli allora più in voga erano i menacò, il galopo, la quadriglia, la furlana, il valsivien, lo scotis, la manfrina e poi la polca, la mazurca e il valzer. I documenti, dissepolti da vecchie soffitte e le memorie paesane pongono in primo piano i personaggi che hanno animato il ballo delle generazioni passate e "fatto" la musica che allora arrivava nelle case, nei ritrovi, nelle piazze, a creare la festa.
Angela P. Gagliardi
Balliamo un valzer?
Storia di una vita
Graus Editore - Collana Personaggi -2010
Come si legge dalla prefazione di Francesco De Piscopo: "libro autobiografico e su tutto domina il senso e il valore profondo di una famiglia, unita da indissolubili vincoli di sangue e di amore". Angela Pia Gagliardi, artista brillante ed eclettica, dipinge e suona il pianoforte.
Emilio Sala
Il valzer delle camelie
echi di Parigi nella Traviata
EDT srl, 2008 - 167 pp
Attraverso una ricerca "sul campo" di stampo indiziario, Emilio Sala tenta di interpretare "La traviata" ricostruendo il ricco "sistema di rappresentazione" (musicale e non solo) di cui fa parte; un sistema che ha radici proprio nei teatri popolari del celebre Boulevard du Temple, e in cui il "moderno" baudelairiano - il transitorio, il fuggitivo, il contingente - si coagula intorno a delle costanti che ritroveremo tutte nell'opera di Verdi: il valzer e la polka, l'uso di un "motivo di reminiscenza" per dipingere la morte musicale, la festa rumorosa come palliativo e narcotico per il male di vivere.
Silvana Cellucci
Il valzer dell'imperatore
Presentazione di Giuliana Cutore
Tabula fati - 160 pp - 2003
Al fascino della Vienna ottocentesca, del valzer e della celebre coppia imperiale, Silvana Cellucci dedica un romanzo insolito, la cui trama si snoda, per bocca dei protagonisti, lungo le tormentate vicende di Sissi e Francesco Giuseppe, dal loro primo incontro sino alla morte del giovane Rodolfo, l’erede imperiale, a Mayerling.
Ed ecco scorrere dinanzi ai nostri occhi le grandi dinastie europee, dagli Asburgo ai Sassonia Coburgo-Gotha, con il loro fasto dorato ma anche con la loro vita tribolata, triste e malinconica, spesso costellata di lutti o destinata a concludersi tragicamente, ad ulteriore riprova che la ricchezza e il potere non riescono da soli a rendere felici gli uomini. Ripercorrendo con gli occhi del giovane protagonista le vicende dell’impero austro-ungarico, evidenzia la profonda cesura tra l’Austria costellata dalle musiche di Strauss, vivida di luci, danze e sontuosi ricevimenti, e la vera realtà di un impero sull’orlo della disgregazione, prossimo a divenire vittima del suo stesso assolutismo, ormai incapace di tenere a freno le diverse realtà nazionali che lo compongono.
Roberto Iovino
Gli Strauss e Vienna
Quando il valzer univa l'Europa
Zanibon - Volume 22 di Collana di studi musicali - 1985
Il valzer ha esercitato un ruolo molto importante nella evoluzione della società: favorì infatti un avvicinamento fra le classi sociali. Solo la famiglia Bach fu altrettanto dedita alla musica quanto gli Strauss, ma questi, a parte i meriti artistici, più del "gruppo" capeggiato dall'immenso Johann Sebastian seppero interpretare la moda di un'epoca e di una città. «Non c'è vita senza Strauss!», affermavano convinti i sudditi di Ferdinando imperatore e poi di Francesco Giuseppe, e gli Strauss li ricambiavano con un mare di note e offrendo generosamente spunti alle cronache mondane e ai pettegolezzi, protagonisti com'erano di una dinasty fatta d’invidie familiari, divorzi e matrimoni.
Quirino Principe
Strauss
Bompiani - 1112 pp - 2004
C'è qualcosa di indecifrabile in Richard Strauss, quintessenza della modernità negli anni giovanili della gloriosa affermazione, e capace, in tarda età, di scrivere musica atemporale, disegnata nel linguaggio della tradizione, estranea alle avanguardie e "fuori dalla storia". La domanda fondamentale è: dopo i tentativi di liquidare Strauss, assegnandogli un "posto" circoscritto nell'epoca moderna, come mai la sua musica si è rivelata indistruttibile? La demoniaca Burleske e i trasparenti Vier Lette Lieder hanno su di noi lo stesso effetto: ci folgorano con la bellezza. È forse questo il segreto di Strauss, la vittoria della bellezza sul tempo e sulle sue categorie di giudizio? A questi e altri interrogativi risponde Quirino Principe nel libro.
Cesare Orselli
Richard Strauss
L'Epos - XX-332 pp - 2004
Richard Strauss rappresenta, insieme a Puccini, il più grande esempio di teatro lirico del Novecento. Oggi è finalmente superata l'immagine di musicista borghese e conservatore, sottovalutato da chi credeva solo nel più radicale sperimentalismo. Il saggio ci restituisce quindi il compositore nella sua splendida renaissance grazie ad un insieme ricco di notizie, dati, dettagli sulla vita e le opere e un puntuale apparato bibliografico e discografico.